Minestrine e Zaff&rano e altre spezie, i due nuovi racconti della Piccola Biblioteca di Cucina Letteraria, sono nel menu della diciottesima edizione di Festivaletteratura, l’evento che ogni anno anima Mantova all’inizio di settembre. Nella collana, che torna con una nuovissima veste grafica, scrittori, poeti e accademici italiani onorano il loro cibo preferito con una narrazione, un resoconto, un aneddoto, una storia o una manciata di versi, accompagnati da sfiziose ricette.
I due appuntamenti mantovani fanno parte di Le parole del cibo, sette incontri per ripensare a pregi e difetti delle nostre abitudini e tradizioni alimentari. Al termine di ogni incontro segue una degustazione.
Si comincia il 5 settembre alle ore 19 sotto la Tenda dei Libri con Hans Tuzzi, che racconta il suo nuovo volume Zaff&rano e altre spezie. «Fra i cinque e i sei anni feci due grandi scoperte: la lettura e la magia. Vidi, infatti, che lettere e suoni si corrispondevano. E, in cucina, vidi un riso bianco diventar giallo. Ciò era in potere di due djinn dei deserti, Zaff e Rano. Così, almeno, mi rivelò la prozia Augusta, che sovrintendeva allo spentolìo della casa. Abitavano un fiore, quei due djinn profumati dalla pelle dorata, meno profumati dei chiodi di garofano, certo, e della cannella della quale ero e sono goloso, anzi: ghiotto, ma in tutta evidenza apparivano imparentati con il Sole, con Febo Apollo, e io me li figuravo minuscoli e inquietanti nel loro riso divino».
Hans Tuzzi, padre milanese, madre viennese, si é a lungo occupato di bibliofilia e di storia del libro. È noto al grande pubblico per i gialli del commissario Melis. Tra i suoi ultimi libri Vanagloria (Bollati Boringhieri 2012), Morte di un magnate americano (Skira 2013) e Il Trio dell’arciduca (Bollati Boringhieri 2014).
Il giorno seguente, 6 settembre, sempre alle ore 19 nella Tenda dei Libri, è la volta di Lella Costa, che ci racconta il suo piatto del cuore: le Minestrine. «Già dall’inizio, volendola corroborare di una qualche definizione, la minestrina sfugge, si allunga, come dire, dondola, rischiando di strabordare da se stessa e dalla scodella che dovrebbe contenerla. Dire di lei che si tratta di un primo piatto in brodo è sinceramente banale, inesatto, riduttivo. Nient’affatto soddisfacente. La minestrina è una faccenda complessa, sfaccettata, piena di rimandi, più evocativa di una madeleine, più identitaria della pizza. Ma soprattutto è consolatoria. È la nostra risposta nazionalpopolare all’usanza americana di lenire e possibilmente archiviare ogni momento critico, doloroso o difficile con biscotti al cioccolato e bidoni di gelato (industriale)».
Lella Costa è attrice, scrittrice e doppiatrice, particolarmente conosciuta per i suoi monologhi teatrali. Tra i suoi ultimi libri Amleto, Alice e la Traviata, Milano (Feltrinelli, 2008), La sindrome di Gertrude. Quasi un’autobiografia (Rizzoli, 2009), Come una specie di sorriso (Piemme, 2012).
Ad accompagnare Hans Tuzzi e Lella Costa, due riedizioni dei racconti di Massimo Carlotto, L’arrosto argentino, e di Simonetta Agnello Hornby e Chiara Agnello, La pecora di Pasqua.


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